Spezzate o non-stop ? Concentrate in estate o segmentate in periodi diversi ?
Ecco come pianificare il relax e massimizzare gli effetti benefici.
Vacanze: meglio compatte, tre o quattro settimane non-stop, o spezzate in due tranche da 15-20 giorni? O, ancora, a frammenti, due-tre giorni dispersi qua e là lungo l’arco dell’anno?
La saggezza millenaria dei Navajos suggerisce una formula mista che scandisce con regolarità macro e microrelax: «Se tu riesci ad avere un secondo di rilassamento al minuto, un minuto ogni ora, un’ora al giorno, un giorno alla settimana, una settimana al mese, un mese all’anno, avrai il potere della salute». Recenti studi di psiconeuroim.munologia americani suggeriscono di pianificare il nostro riposo ispirandoci il più possibile all’equazione dei pellirosse, che prevede periodi sia lunghi sia brevi. Perché? «E’ una formula che bilancia vuoto e pieno, lentezza e velocità, riposo e lavoro, con un ritmo costante», dice il professor Leonardo Milani, docente di psicologia del benessere all’Università di Ferrara. Ma le motivazioni non sono solo psicologiche.
Il dottor Steven Locke della Scuola di Medicina dell’Università di Harvard ha verificato che le cellule natural killer, le più agguerrite contro gli aggressori del sistema immunitario, tendono ad aumentare e a fortificarsi dopo almeno quindici giorni di riposo e di sport all’aria aperta. Mentre altri studi segnalano che i macrofagi, le cellule in grado di migrare e «mangiare » elementi estranei o nocivi all’organismo, intensificano la loro attività in chi ritaglia ore e giorni di relax nei periodi di più intensa attività.
«Suggerisco sempre ai miei pazienti di non bruciare tutte le quattro, cinque settimane di riposo in un unico giro. Ma è necessario uno “zoccolo duro” di tre settimane. O, comunque, un minimo di due», dice il prof. Alberto Massirone, specialista in idrologia medica e bioclimatologia nell’Università di Milano. La ragione? Occorre una settimana di relax per ricreare il tessuto biochimico, i tracciati di adrenalina e noradrenalina che riformulano la memotia e le sue sinapsi.
Per elaborare insomma una nuova visione del mondo.
E solo allora. dopo una settimana, cominciano le vere vacanze: «L’io viene privato dei suoi limiti e ne acquista di nuovi», aggiunge il professar Aldo Carotenuto, psicoanalista a Roma. Tre settimane, specie se trascorse in una località lontana, consentono di attivare l’effetto «Continuum»: «Un fenomeno ottico che i pittori utilizzano per costruire i loro quadri.
Grazie alla distanza, “le lontananze si tingono d’azzurrino”: le luci e le ombre della nostra routine si assestano e integrano in un romanzo coerente e sensato. Anche noi in vacanza costruiamo il nostro quadro personale, ma abbiamo bisogno di tempo per farlo bene», dice Carotenuto.
E il periodo? «Per molti la vacanza in agosto non è una scelta ma una necessità. Chi può deve invece orientarsi verso i periodi 15 giugno- 15 luglio e 15 agosto-15 settembre, per evitare, oltre alla confusione, i giorni più caldi.
L’eccesso di calore, infatti, costringe tutto l’organismo a un lavoro supplementare per mantenere costante la temperatura interna del corpo. E lo stress aumenta», dice il dottor Francesco Bottaccioli, medico esperto in psiconeuroimmunologia.
Poi è importante staccare ogni quattro, cinque mesi con un week-end lungo o una microvacanza di qualche giorno. «L’obiettivo deve essere quello di fermare le lancette dell’orologio, dimenticare il costante incalzare del tempo in città e recuperarlo in una dimensione più lenta, in cui è possibile ritrovare spazio per gli affetti e le emozioni », aggiunge Milani.
Queste le linee-guida, in generale. Ci sono poi le inclinazioni psicologiche e i bisogni particolari che ci spingono, di volta in volta, a compiere scelte più personalizzate. Modulate anche sulle necessità e i problemi immediati: ansia, depressione, inquietudine. Vediamo allora, come pianificare i nostri giorni di vacanza. E perché.
Per gli stressati da carriera, meglio quattro settimane.
Le vacanze in queto caso servono a cancellare le tensioni: quando si parte si è in pieno stress. «Tutta colpa del cortisolo, un ormone che ci ha difeso dalla superfatica, ma che ci tiene sopra le righe. E siccome si sintetizza lentamente e altrettanto lentamente ritorna ai valori normali, servono almeno dieci o quindici giorni per riscoprire come siamo davvero: senza le difese che usiamo ogni giorno.
Proprio per questo a uomini e donne in carriera non serve buttarsi subito nel riposo assoluto. Prima di arrivare al rilassamento, per evitare che ci sia un crollo neurormonale (tipico degli ultraimpegnati che passano di colpo all’ozio), bisogna transitare attraverso una fase di decompressione, della durata di quindici giorni, ancora ricca di stimoli e rapporti sociali», dice Bottaccioli.
Perfette per questo obiettivo località mondane come la Costa Smeralda, che consentono di non perdere di colpo il ritmo. Solo dalla terza settimana ci si può concedere un assoluto relax.
Nei quattro-cinque giorni che precedono la fine della vacanza invece è meglio recuperare lentanlente il rapporto con gli stimoli: si potrà scegliere tra un viaggio breve, un corso creat1vo, uno sport.
Per chi è vicino al punto di rottura, sette giorni di riposo assoluto.
Ricordiamo una persona fisicamente, ma tendiamo a dimenticare il suo nome: è il segnale che il nostro cervello ha la memoria esaurita, non è più in grado di immagazzinare nozioni. In questi casi c’è una sola soluzione: «Staccare la spina», almeno per 7 giorni, da tutto e da tutti (figli e telefonini compresi) in un posto isolato. Benissimo l’alta montagna o un’isola modello Mount Desert, il rifugio «selvaggio» sulla costa atlantica Usa, che fu della scrittrice Marguerité Yourcenar. Gli obiettivi di questa vacanza? Non pensare a niente. Un suggerimento: niente sensi di colpa, se per i primi tre-quattro giorni si dorme fino a mezzogiorno.
Per chi tende alla depressione lieve, tante microvacanze.
Il lavoro non appaga perché troppo routinario e poco gratificante? Quando si è a casa con i figli si ha l’impressione di non essere abbastanza utili, di non fare abbastanza?
Piccoli grandi sintomi che denotano una tendenza alla depressione lieve. Non occorrono farmaci particolari, possono invece bastare le microvacanze: «pacchetti » di quattro-cinque giorni da programmare ogni tre-quattro mesi. Anche in luoghi affollati, utili per recuperare la dimensione sociale un po’ trascurata. Non solo. «C’è bisogno in questi casi di far salire la quota di adrenalina e cortisolo: sì, allora, a una full immersion in un ritmo diverso che può farci tornare a casa con un livello di performance in più», dice Bottaccioli.
Uno studio tedesco segnala che una moderata stimolazione dall’esterno esercita un’influenza positiva sull’equilibrio del ponte di Varolio, «interruttore» che collega il cervello alla parte superiore del midollo spinale e organizza l’attività di noradrenalina e serotonina. Ovvero, i mediatori che migliorano il tono dell’umore.
Per gli irrequieti, 15 giorni di relax attivo tra sport e natura.
Siamo abituate a svegliarci presto? In città frequentiamo la palestra?
Le vacanze ci servono per muoverei non più al chiuso ma negli spazi aperti del mare e della media montagna. E’ un relax attivo, tra l’avventura di un bagno sotto una piccola cascata (un idromassaggio naturale) e la contemplazione dell’alba, stando sdraiate sull’ erba o sulla spiaggia: sfruttando così un microclima che migliora la respirazione e tonifica l’organismo.
«In quindici giorni si ristabiliscono i corretti dosaggi del DHEA, l’ormone androgeno che ci porta verso una migliore organizzazione della risposta immunitaria e un recupero del rilassamento dinamico », chiarisce Bottaccioli.
Per gli «iperattivi» uno stacco troppo lungo potrebbe risultare insopportabile e intensificare l’inquietudine: «Più adeguato un periodo mediamente di interruzione, piccola oasi rarci e pensare a noi stessi e ai affetti», consiglia Carotenuto.
Partenza e ritorno
cinque regole per evitare lo strees
«Le sensazioni che ci attraversano al ritorno delle vacanze sono paragonabili allo stress che segue alla separazione amorosa: il distacco obbligato ci riporta alla solitudine e ci fa un po’ paura», spiega lo psiconalista Aldo Corotenuto.
Ma qualcosa di simile accade anche al momento della partenza. Lasciare le proprie abitudini, i propri punti di riferimento quotidiani, per buttarsi nella nuova realtà del viaggio, può causare delle tensioni psicologiche. Non solo. Spesso, in vacanza ci portiamo dietro solo una parte di noi, mentre un’altra rimane a casa. E’ questa oscillazionedi pensieri può essere profondamente destabilizzante.
Come evitare che paertenza e ritorno si trasformino in un dramma psicologico ?
Cinque regole suggerite dal prof. Alberto Massirone, possono aiutarci a contenere il nostro stress da vacanza.
- non partire mai la stessa sera dell’ultimo giorno in ufficio e non rientrare alla mezzanotte del giorno prima della ripresa. Tra lavoro e vacanze occorrono un giorno (alla partenza) e due o tre (al rientro) che facciano da camera di decompressione. Con questa strategia si evitano i bruschi cambiamenti di ritmo che scompensano.
- non abbandonare di colpo emotivamente gli amici della vacanza. Consigliabile mantenere qualche contatto con loro: telefonando, inviando una lettera o un’e-mail.
- utilizzare ancora un vestito (o anche una borsa, un paio di orecchini) molto indossato durante la vacanza. E’ un modo per ricordarci come avevamo riscoperto e valorizzato il nostro corpo in quel periodo.
- trovare momenti da dedicare a se stesse, per esempio, per la cura del copro.
- essere consapevoli che la vacanza non è un periodo itico, come se tra la vita quotidiana e i giorni di relax ci fosse un dicotomia insanabile.
di Maria Angela Masino – Tratto da Grazia