Bando ai cibi pronti, via gli alimenti più eccitanti (caffe’, alcool e sale), maggiore impegno nell’attività fisica e tanto relax. Ecco la ricetta per vincere l’ansia a tavola e in palestra, proposta da Francesco Bottaccioli, docente di psicoimmunologia dell’Università Cattolica di Roma, nel libro ”Mente inquieta” realizzato in collaborazione con lo chef Giuseppe Capano, specializzato in cucina vegetariana.
‘‘L’ansia – spiega Bottaccioli – si può controllare senza farmaci utilizzando metodi di cura integrati: un’adeguata alimentazione, una buona dose di attività fisica e tecniche di rilassamento sperimentate”. Il controllo degli stati ansiosi parte quindi dalla dieta. ”A tavola – dice Bottaccioli – e’ necessario evitare i cibi ‘stimolanti’ come il caffe’ e tutti gli alimenti che producono istamine. Vanno evitati, in particolare, i cibi ricchi di glutammato (un aminoacido stimolante per il sistema nervoso), come le pietanze industriali gia’ pronte che, tra l’altro, contengono anche sale modificato, non percepito dal palato ma di sicuro impatto sul sistema nervoso”.
Da preferire, invece, cibi più ‘tranquilli’, vanno scelti i cibi ‘basici’ (che controllano la risposta eccitatoria) come le verdure e i carboidrati integrali. Ed e’ importante non eliminare completamente le proteine della carne e del pesce perché giocano un ruolo fondamentale nell’equilibrio biochimico delle persone ansiose. Le indicazioni di Bottaccioli sono state tradotte in pratica da Capano che, nella seconda parte del libro allegato al numero di febbraio del mensile ”Cucina e Salute”, propone quattro giornate alimentari ”tipo” per ogni stagione dell’anno, ed alcuni menu’ per le occasioni speciali.
Oltre al cibo sono utili le tecniche di rilassamento e di meditazione che insegnano a controllare il respiro. ”Il controllo della respirazione – spiega Bottaccioli – e’ fondamentale per chi soffre d’ansia”. Le persone ansiose sono più sensibili delle altre alla variazione tra ossigeno e anidride carbonica e migliorare la ventilazione e la capacita’ di respiro e’ quindi una ”necessita”’.
Ed infine lo sport, che rappresenta una vera e propria terapia contro ansia e molti altri disturbi emotivi e psichici. ”L’attività fisica -ricorda Bottaccioli- e’ il principale strumento di produzione endogena della serotonina, un importante neurotrasmettitore la cui carenza e’ collegata alla depressione”.
Cuore e psiche
E’ oramai provato che esiste una stretta correlazione tra l’attività psichica e la salute di una persona. Chi non ha sperimentato un aumento dei battiti cardiaci in occasione di un evento che ci emozioni? Talvolta una variazione del ritmo del cuore capita anche in relazioni a fatti apparentemente banali, ma che ci coinvolgono. Dunque, battito e ritmo cardiaci variano con il variare del nostro umore, che può mutare a secondo di ciò che facciamo o pensiamo durante le nostre attività quotidiane.
Sono molti gli studi che mettono in risalto come la rabbia, l’ostilità, la tristezza, l’ansia ed altri stati d’animo possono modificare i valori della pressione arteriosa ed addirittura il volume del sangue contenuto nell’apparato cardiocircolatorio. Ad esempio, una eccessiva produzione di adrenalina (ma anche alterazioni nella produzione di dopamina) favorisce l’aggregazione delle piastrine. Di conseguenza si formano trombi più o meno grandi che possono far precipitare una situazione non ancora critica, come nei casi in cui sono presenti piccole placche (ostruzioni) nelle coronarie o nelle arterie carotidi. Ed è così che una persona che ha uno stato di impegno motivo elevato va incontro ad un infarto cardiaco o ad un ictus cerebrale. Il cuore è un organo che sa adattarsi piuttosto bene alle variazioni di impegno, tuttavia quando si trova di fronte ad una situazione di stress continui ed importanti, perde questa capacità e si può ammalare anche seriamente.
Si tiene molto in considerazione il valore elevato di colesterolo nel sangue, giustamente. E’ paradossale, invece, che non vengano considerate le influenze della mente sulle malattie cardiovascolari, ma non solo di queste. D. Krantz, psicologo clinico, D. Sheps, cardiologo, R. Carney, psichiatra e B. Natelson, neuroscienziato, tutti all’interno di uno specifico programma dei National Institutes of Health degli Stati uniti, dopo aver valutato un gran numero di studi sull’argomento, hanno concluso che “i dati esistenti forniscono la base per includere il trattamento psicosociale come parte integrante della prevenzione e della riabilitazione delle malattie cardiovascolari”. Ricerche recenti hanno dimostrato che eventi depressivi anche non gravi, sono in grado di far ammalare il cuore. Esiste, dunque, uno stretto legame tra cuore e psiche: maggiore è la sintomatologia depressiva, maggiori sono i rischi di ammalarsi di aterosclerosi delle coronarie.
L’ansia, invece, è legata ad eventi cardiaci improvvisi. Già negli anni ’50 si studiava il rapporto tra la personalità e le malattie cardiache. La rabbia, la diffidenza cinica, in generale un atteggiamento ostile verso gli altri, soprattutto se (per fortuna degli altri!) non pienamente espresso, sono tutti stati d’animo che favoriscono l’insorgere di malattie cardiache. Per esempio, la rabbia repressa è legata a un aumento della frequenza della riocclusione della coronaria operata (come nella restenosi dopo angioplastica). L’ambiente sociale è determinante nella insorgenza delle malattie cardiache, anche incrementando la formazione delle placche aterosclerotiche.
Nel marzo 2002 un gruppo di psichiatri olandesi, dopo aver seguito per 3 anni circa 3000 persone, soprattutto per quanto riguarda l’apparato cardiovascolare, ha pubblicato dei dati molto interessanti. In particolare si è visto che le persone che soffrono di depressione, anche lieve, hanno un rischio di infarto triplicato rispetto ai non depressi. Anche chi non è potenzialmente cardiopatico, chi non ha avuto nella propria famiglia casi di infarto, ma è depresso, ha un elevato rischio di ammalarsi. Altri studi, in particolare quello svolto da psicologi della Università di Pittsburgh, hanno rilevato che i depressi, gli ostili, i rabbiosi hanno la tendenza ad aumentare inconsapevolmente i fattori di rischio per le cardiopatie: il fumo, l’obesità, l’ipertensione ed il colesterolo in particolare. Ciò accade attraverso un meccanismo con il quale si utilizzano cibo e tabacco per compensare le proprie frustrazioni.
E’ auspicabile che in un prossimo futuro si possa vedere una collaborazione maggiore tra cardiologi, psichiatri e psicologi. Se gli studi condotti, e le ricerche che sono ancora in corso, dimostrano i legami di cui abbiamo parlato, quando sarà possibile avere un comportamento terapeutico adeguato alla realtà?