Body shaming – Body sharing.
Bullismo, disturbi alimentari ed altro.
Il body shaming è una forma di bullismo riferito all’aspetto fisico e più in generale alla persona. Si evidenzia attraverso un giudizio sulle forme del corpo, che mescola critica e sentenza denigratoria. Questa forma di bullismo viene veicolata principalmente attraverso il web e i social network.
Qualsiasi caratteristica fisica può essere presa di mira: grasso o magro, basso o alto, la cura o l’incuria, i capelli, il seno, il bacino, le natiche, le cosce ecc. ecc…
Si può andare dal simpatico quattrocchi dei puffi, al rosso malpelo di verghiana memoria, per arrivare alla grassofobia che caratterizza la cultura light dei giorni d’oggi.
QUALSIASI CARATTERISTICA E’ BUONA PER ESSERE DENIGRATA.
Essere on-life!
Luciano Floridi, filosofo italiano che insegna ad Oxford, ha coniato l’espressione on-life (giocando sul contemporaneo essere sempre on-line).
Questo fenomeno ha alcune caratteristiche: è irreversibile, veloce, porta tanti contatti, produce freddezza relazionale.
La società on-life ha perso il concetto di identità, come caratterizzato da uno ieri, oggi e domani. Tutto viene schiacciato sul momento, come accade nei disturbi di personalità, dove la trama identitaria non ha tenuta davanti l’emergere dell’emozione-impulso e il soggetto è travolto, lo vediamo nei disturbi di panico, di ansia, nelle tossicodipendenze, nei disturbi alimentari, nel gioco d’azzardo, nei fenomeni compulsivi ecc.
Il nostro tempo, è un tempo che schiaccia sul momento (i motivi sociologici sono tanti). Il presente assume il valore del tutto. Questo per un giovane adolescente, per il quale la vita è già difficile, non può che avere conseguenze drammatiche.
Confronto, social e wow!
Diceva una mia paziente: “tutto ciò che non è wow (uào) è sotto critica”.
Oggi dobbiamo essere wow! Esserlo continuamente. Al tempo dei social basta un attimo, un clic, per non essere più wow.
La tendenza di oggi è il continuo confronto con l’altro. Ci confrontiamo con i modelli proposti dai media con il risultato di diventare sempre più giudici spietati di noi stessi e degli altri. Assistiamo ad un’escalation valutativa che va dai like alla foto dell’amica, ai commenti carichi di un’aggressività crescente.
Sempre più persone manifestano sintomi d’ansia correlati, fino ad arrivare a manifestazione di sofferenza patologica (personal injury – autolesionismo) quando la risposta sul social non è immediata o caratterizzata da commenti negativi.
Chi fa body shaming
Il ragazzo che esercita un body shaming sembra intimamente insicuro e insoddisfatto del proprio aspetto fisico, frequentemente ritiene che le ragazze siano sessualmente desiderabili solo se soddisfano standard elevati e irraggiungibili. Solitamente restano fantasie da web.
Le ragazze che rivolgono critiche alle altre, sembrerebbero reagire alla loro insoddisfazione corporea, attaccando caratteristiche fisiche che giudicano incompatibili con gli standard di bellezza a cui aspirano, ma non possono raggiungere, perché impossibili.
All’inizio è l’invidia e la distruttività di un singolo, poi diventa un modello comportamentale automatico, diffuso e socialmente accettato.
Frequentemente ricorre nei praticanti il body shaming, una scarsa autostima, profondi vissuti di insicurezza, rabbia, invidia e la tendenza a compensare tali sentimenti con l’idea che la bellezza standardizzata sia la chiave dell’autostima e del successo. Il loro caregiver (società compresa) potrebbe aver sovrastimato l’oggetto a scapito del riconoscimento del soggetto.
Appare chiara l’incapacità di questi soggetti ad integrare una visione complessa della femminilità o della mascolinità, che finisce per essere stereotipata in funzione del modello social. Si evidenzia il totale disinteresse rispetto a ciò che l’altro prova o l’intima soddisfazione per il malessere che si causa.
Ribadisco, la più grande preoccupazione è che un comportamento, attraverso la cassa di risonanza dei social, rischi di diventare uno stile condiviso e accettato.
Le conseguenze del body shaming
Chi lo riceve può essere predisposto ad interiorizzare l’occhio critico con cui il pubblico diffamante lo giudica, con la conseguenza che più facilmente svilupperà disturbi alimentari, stati depressivi, fobie sociali ed altri problemi.
Il nesso causale, che nella valutazione del danno non patrimoniale è fondamentale, appare, qui, clinicamente in tutta la sua evidenza. Chi, come me, si confronta quotidianamente, con le difficoltà dei giovani, riconosce sempre più spesso il grimaldello dell’atto denigratorio, che non fa sentire adeguati, come congiuntura scatenante di problemi psicologici o psicopatologici.
La società freudiana, che verteva sul nome del padre (Super-io) e produceva senso di colpa, oggi vive la carenza del nome del padre e l’ideale dell’Io che prevale favorisce il senso di vergogna.
Ci abita un intimo senso di non essere all’altezza, di non essere abbastanza, di essere inadeguati. Siamo sempre più “prestazionali”, ma non basta mai. Il cemento della prestazione non copre le insicurezze.
Il senso del dovere, nel passato, riguardava il fare, noi siamo coinvolti ontologicamente in una mancanza ad essere, che è rappresentata come un vuoto che viviamo e inefficacemente (paradossalmente) cerchiamo di riempire.
Non serve un clinico per capire come tutti quei sintomi, che vertono sull’immagine corporea e determinano un vissuto difficile rispetto al corpo, come accade nei disturbi alimentari, siano facilmente indotti da pratiche come il body shaming.
Ci salverà il body-sharing?
Il body sharing è già tra noi!
Non credo sia inverosimile paragonare la cultura estetica prevalente ad una applicazione, che ci permette di scaricare il corpo ideale. Dallo shopping, ai trucchi, agli interventi estetici. Tutto sembra dire: “non ti piace una parte del corpo? nessun problema, rifattela!” e “rifattela anche se non piace ad un altro”.
La cosa interessante è che il body shaming, promuove il body sharing e fa girare l’economia.
Dott. Giampiero Fiorini
Psicologo e Psicoterapeuta
Docente corsi sul bullismo
Esperto Psicodiagnostica clinica e forense