Tutti sono in grado di sottostare o resistere ad un certo stress, ma per ognuno è diverso il livello di sopportazione oltre il quale diventa dannoso.
Il programma dell’encefalo ipotalamico che riconosce lo stress quando questo arriva a sistema nervoso centrale, è infatti variabile. Mentre alcuni di noi sono più resistenti allo stress, altri si sentono stressati anche quando accadono eventi di poca importanza; hanno quindi una maggiore stimolazione perché l’ipotalamo li identifica come stressanti.
L’ipotalamo agisce cioè come un “meccanismo omeostatico” intervenendo ad aiutare il corpo a mantenere il proprio equilibrio. Questo meccanismo, in alcune persone, è talmente sensibile che ogni minima variazione emotiva viene vissuta come dannosa.
Ma c’è dell’altro! Lo stato di tensione nervosa determina l’abbassamento delle difese immunitarie.
Solo negli ultimi decenni le ricerche ci hanno permesso di penetrare e comprendere alcuni dei meccanismi che sono alla base del deterioramento della salute fisica a causa dello scarso adattamento.
Si sta facendo luce su un complicato effetto di uno stress prolungato sugli ormoni e sul sistema nervoso centrale che, a sua volta, può influenzare ogni sistema dell’organismo, da quello immunitario a quello cardiovascolare.
La scoperta dei neoropeptidi
La psicobiologa Joan Borysenko descrive così le indagini che il mondo scientifico ha fatto negli ultimi anni a questo riguardo: “gran parte dei lavori di ricerca sono incentrati su un gruppo neurormonii definiti neuropeptidi, che vengono liberati dal cervello, dal sistema immunitario e dalle cellule nervose in vari altri organi.
Ciò che gli scienziati hanno rilevato è che nelle zone del cervello che sono sede dell’attività emozionale i recettori per queste sostanze chimiche sono particolarmente numerosi.
Allo stesso tempo, il cervello ha anche dei siti ricettivi atti ad essere stimolati da molecole prodotte dal solo sistema immunitario: le linfoleuchine e le interleuchine.
Ciò che vediamo, quindi e un vasto ed intricato sistema di comunicazione a due vie che collega la mente, il sistema immunitario e contestualmente tutti gli altri sistemi; un percorso attraverso il quale le nostre emozioni (le nostre speranze e i nostri timori) possono influenzare la capacità dell’organismo di difendersi.
A testimonianza di questo fatto gli studi compiuti successivamente ci hanno confermato che esistono delle sostanze il cui compito è quello di “portare informazioni” dal sistema immunitario a quello nervoso e che quindi ci sono delle connessioni tra lo stato d’animo della persona e il suo stato di salute.
Altri medici (J. Kiecolt-Glaser, R. Glaser) hanno studiato le connessioni tra stress da esame e sistema immunitario: prima di un evento importante si manifesta una sostanziale diminuzione di attività dei linfociti (I linfociti T o cellule killer): un’importante classe di cellule che hanno il compito di riconoscere e uccidere le cellule infettate dal virus nonché quelle cancerogene.
Oltre a questo la ricerca ha notato anche che durante questo stress c’è un rapidissimo calo della produzione di una molecola (interferone) “che stimola la funzione delle cellule killer e di altre classi di cellule del sistema immunitario”.
La ricerca è ancora lontana dall’essere in grado di spiegare con certezza e scientificità tutti i vari meccanismi legati all’ambiente e alle sue relazioni con il corpo e con la salute, ma si sta facendo strada l’idea che il cervello sia un posto privilegiato di comando e di controllo dell’intero organismo.