Impara a dire di NO!!!!

E a non dipendere dagli altri. Come? Ecco quattro metodi suggeriti dagli esperti: dalle «tecniche di assertività» a quelle per migliorare l’«autostima interiore».
E’ più forte di me. Non riesco a dire di no. E mi lascio continuamente intrappolare», racconta Laura, 37 anni.
«Qualche esempio? Giornata devastante. Sogno solo una doccia calda e il letto. Ma appena arrivo a casa squilla il telefono: è mia sorella. In lacrime: l’ennesima crisi. Come posso rifiutare di passare un po’ di tempo con lei ? Oppure mi arriva un invito a cena dai classici amici troppo seri, poco divertenti: quelli che parlano sempre di lavoro. Insomma, so già che la serata sarà terri bilmente noiosa. Eppure ci vado.
E che dire di quando mio marito mi chiama all’ultimo momento per rifilarmi le commissioni – dal carrozziere alla spesa – che in realtà toccavano a lui ? Affannata, frenetica, dico sempre di sì. Perche Per paura: paura che rifiutando perderei l’attenzione, l’affetto, la stima degli altri.
Eppure tutte queste richieste mi schiacciano, mi opprimono. Mi sento totalmente inghiottita da desideri che non sono miei. E terribilmente preoccupata di non riuscire a soddisfarli tutti».
La storia di Laura ? E’ solo una delle tante. Perché a soffrire della «Sindrome del sì» sono migliaia di italiani che non sanno sottrarsi alle richieste degli altri . Ma imparare a dire di no è possibile.

Ecco quattro efficaci strategie:

  1. Uscirne con la meditazione
    Ha un’origine lontana, l’incapacità di dire di no. «Nasce nelle persone che hanno subito nell’infanzia dei ricatti affettivi», spiega Leonardo Milani dell’lstituto di psicologia del benessere di Ferrara. «In chi, insomma, non ha ricevuto un amore incondizionato, ma subordinato a un gesto, a un’azione. Tipo: “smetti di piangere, se no la mamma va via” o “se non vieni qui ilpapà non ti vuole più bene”».
    Per ottenere amore sono quindi abituati a rinunciare ai propri desideri. «Una ferita infantile che viene memorizzata dall’amigdala, il nostro “archivio emotivo”, una parte del cervello che registra gli stati d’animo. Ogni volta che si ripresenta una situazione simile, lo schema si ripete: e dire di no sembra impossibile».
    L’autostima di queste persone è costruita quindi solo sull’approvazione degli altri. Risultato: più che dei protagonisti della vita sono dei «portaborse».
    «Per uscire da questa impasse si può ricorrere alla meditazione», dice lo psicologo. Con degli stati di rilassamento guidati si può imparare a visualizzare il proprio valore, che non dipende né dalle opinioni degli altri né da ciò che riusciamo a fare.
    E’ l”autostima spirituale”, quella interiore. Aiuta a capire che si può dire di no senza ferire l’altro. Anzi, suscitandola sua ammirazione».
  2. Punta su un corpo più forte
    Agire sul corpo per modificare la psiche .E. il principio su cui si basa la terapia psicosomatica. Perché ogni emozione, ogni pensiero ogni idea ha unsuo corrispettivo simbolico in un’area del corpo.
    La psiche attraverso i neuroni, e sotto forma di impulsi bioelettrici, raggiunge infatti il sistema muscolare, modificandolo. «Chi è colpito dalla “sindrome del sì”, per esempio, si sente affettivamente dipendente dagli altri. Ha quindi una bassa energia muscolare e spesso si rifugia nel cibo», spiega Angelo Musso, autore di Carattere e salute (Centro scientifico editore). «Il suo sogno ? Amare ed essere amato da tutti. Per questo nella tipologia psicosomatica questo carattere è definito come “affettuoso”. Non a caso nella vita a due queste persone non sono mai in grado di separare la componente sessuale da quella affettiva.
    Il loro problema è donare completamente, senza però essere capaci di amare davvero se stessi». La soluzione:capire che l’affettività è una componente importante. Ma non l’unica. E riscoprire così le proprie potenzialità, smettendo di vivere «attraverso» gli altri. Come? «Rinforzando i muscoli delle gambe e ricorrendo alla digitopressione: si scoprirà così il piacere di camminare da soli, di essere indipendenti. E poi, imparando a liberare larabbia repressa battendo ritmicamente mani o piedi prima di coricarsi».
  3. Con un gruppo di auto-aiuto
    Quando si giunge alla convinzione che è meglio evitare di manifestare i propri sentimenti, si fa di tutto per farli tacere. Ma ignorare un sentimento significa rinunciare, poco alla volta, al controllo della propria esistenza», scrive Vera Peiffer, nel libro Le trappole del dovere, pubblicato da Armenia. «Senza la capacità di comprendere e accertare i propri sentimenti “negativi” come la rabbia, l’individuo non è nient’altro che una tartaruga senza corazza: vulnerabile in tutto e per tutto». Fragile, debole, insicuro, insomma.
    Dire sempre di sì, non esprimere mai le proprie opinioni è quindi una trappola pericolosa. «Perché porta a una distorsione cognitiva», spiega Carla Fuligni della scuola di psicologia clinica di Livorno. «Queste persone pensano: “Se sono me stesso, perdo gli altri. Perché far valere la mia volontà significa essere egoista, narcisista, accentratore”. E strutturano così un falso sé, basato unicamente su ciò che piace alle persone che li circondano. Non riescono quindi a discriminare iloro desideri da quelli degli altri.
    Questa percezione distorta crea dei vuoti e uccide ogni creatività. Risultato: accumulano frustrazioni e non riescono a stabilire relazioni soddisfacenti». Per riscoprire il sé più autentico bisogna invece imparare a esprimersi , senza paura. «Si può fare con un training diassertività, in cui si fanno valere progressivamentei propri desideri.
    Magari con l’aiuto di un gruppo di auto aiuto.
  4. la tattica dei piccoli passi
    Un pensiero magico, quasi superstizioso: è quello usato da alcune persone colpite dalla «Sindrome del si». «Sono convinte che rifiutare un favore possa avere consegueme disastrose. Dire di si diventa allora quasi un rito propiziatorio», spiega Giorgio Nardone, docente all’Università di Siena e autore di Terapia breve strategica (Cortina).
    Per liberarsi da questo schema mentale si possono allora utilizzare dei semplici «contro-rituali»: permettono di modificare il comportamento senza che il soggetto, all’inizio, ne sia davvero consapevole. «I cambiamenti più profondi non avvengono con le spiegazioni razionali. Ma sperimentandoli più volte.
    Un esempio? Prima di dire per l’ennesima volta “sì”, suggerisco di giocare con la sorte, tirando una moneta. Sarà allora “il caso” a decidere. Risultato: se esce il “no”, la persona non si sentirà in colpa. E sperimenterà le proprie risorse. Imparando lentamente ad opporsi da sola».
    Ma l’obiettivo è scardinare anche un’altra falsa credenza: dimostrare che chi esprime il proprio dissenso ottiene più (e non meno) consensi. Come? «Cominciando a dire dei “no” mascherati: “potrei farlo, ma non so se ho tempo”; “mi piacerebbe dirti di sì, ma forse non sarei in grado”. Basta fare questo “esperimento” per pochi giorni per scoprire di essere diventati più desiderabili: perché nessuno stima davvero chi si annulla»

Se la «sindrome del sì» colpisce la vita a due
Un tempo le regole erano rigide. E chiare: era lui a decidere le regole dell’amore. Lei doveva semplicemente dire di si. Un modello culturale ormai tramontato ?
«Meno di quando si pensi», rispendo la psicoterapeuta e sessuologa Carla Fuligni. Spesso ancora oggi questo schema si insinua nella vita di coppia: la moglie non si sente ugualmente legittimata a chiedere». I risultati ? Disastrosi: alla lunga la relazione entra in crisi. Perché il rapporto non è equilibrato.
«La donna che si sacrifica per il proprio compagno finisce per non essere più desiderabile», dice lo psicologo Leonardo Milani. «L’uomo non prova attrazione per una “preda” che si concede troppo facilmente».
Insomma, la compagna che dice sempre di si per paura di opporsi al partner, per paura di perderlo, di ferirlo, ottiene esattamente l’opposto; lo allontana. «Chi subisce continuamente i desideri del compagno e ha il timore di esprimere i propri finisce per annullarsi. E per non provare alcun desiderio nella vita sessuale: finge l’orgasmo», dice la Fuligni.
Ma le «donne che dicono sempre di si» percorrono a volte un’altra strada, mettendo in atto una vendetta inconscia. «Imparano ad avere un atteggiamento sottomesso ovunque, tranne che a letto. E così nell’alcova, al partner dicono di no. Sempre», dice la sessuologa. Perché è l’unico terreno in cui sono padrone di se stesse. «Oppure tradiscono il marito. Perché solo con un altro riescono ad esprimere la propria identità.

di Marina Speich – Tratto da Grazia