Salute senza età

Mi piace paragonare, e lo faccio spesso, il percorso della nostra vita a quella di un albero: prima esile, insicuro con tronchi che si possono rompere al vento; poi lo sviluppo di forza, la produzione di fiori e frutti, poi l’arricchimento del sottobosco ed infine la “maturità”: lo splendore di un albero gigantesco, la ricchezza di erbe ed insetti che si nutrono e trovano riparo fra le foglie cadute, il riparo sicuro per gli animali, dai più piccoli insetti agli uccelli, dagli animali all’uomo, che trova riposo in una calda giornata o riparo dalla pioggia. Ed è quello che voi siete, se siete consapevoli della vostra forza e della saggezza che le esperienze della vita, anche dure, vi hanno offerto.

Se per molti il periodo della vita che ciascuno di noi vive dopo l’età riproduttiva è chiamata “vecchiaia”, quasi in tono dispregiativo, io credo invece che l’ultima fase della vita sia quella più affascinante, in quanto somma di tutta l’esperienza accumulata negli anni precedenti, perché è la capacità di resistere alle frustrazioni, ai dolori, alle privazioni, è l’intelligenza di saper affrontare le difficoltà e di assaporare anche i più piccoli piaceri: un profumo, un periodo di salute, un gesto affettuoso. Il poter assaporare ed osservare quanto di concreto si sia costruito nella vita. Spesso i più giovani, affannati nel voler vivere la vita in fretta e talora tutta inuna volta, spesso non hanno tempo per assaporarla, per centellinarla, per godersi il presente.
Arrivare ad una certa età per me significa quindi diventare una persona matura, consapevole e tante volte saggia, dalla quale gli altri possono apprendere ed imparare. Mi rendo conto, però, che invecchiare può diventare per alcuni una bella esperienza, per altri un lento tramonto, per altri ancora una maniera di arrivare alla Saggezza, quella saggezza, provata al fuoco dell’esperienza e dei “problemi” che la vita ha inferto.

E quello stato di amore che solo le persone che hanno vissuto una vita insieme possono far trasparire.
E’ bello vedere una coppia che ancora, dopo tanti anni si tiene per mano, che passeggia guardando i negozi del centro: alla loro età si vogliono ancora bene! L’unica sofferenza che mi trovo ad ascoltare, quando entro in contatto con persone che mi consegnano dolcemente la loro “anima”, è il senso di solitudine che può essere stato attivato dalla perdita del compagno o della compagna. Mi trovo, in questi casi, a trasmettere un concetto, difficile ma sacrosanto: chiudersi in se stessi non costituisce nulla di positivo; cercare fra amici e familiari una continuità di amicizia e di affetto è indispensabile ad ogni essere umano.
Pur con tutti i limiti, la “vecchiaia” è un tempo in cui “godere dei frutti”, un tempo di maturità in cui gustare i risultati di quanto si è seminato. Un tempo in cui posare sulla realtà uno sguardo più benevolo e meno aggressivo, in cui non smettere di crescere interiormente. Anche oggi, nell’assistere ai tempestosi cambiamenti tecnologici, quando si pensa che solamente il giovane possa ritrovarsi nell’utilizzo di un telefonino o di internet, trovo “nonni” che, aggiornati, sono capaci di assorbire queste novità, mostrano sicurezza. A me piace parlare di “nonni”, di voi, come di persone che sono al massimo splendore dal punto di vista culturale e intellettuale, nel tempo della saggezza.

Saggezza, la vera ricchezza della terza età
Come nonni, oggi, avete un compito ben preciso nei confronti della società: elargire la vostra saggezza.
Certo occorre affrontare i nuovi compiti che la vita vi offre come opportunità ricca di prospettive e di promesse, e non soltanto come un’età di parcheggio o di attesa. E’ importante che voi la viviate come un vero grande momento della vita, un momento di impegno e di responsabilità sostenuto dai tesori di saggezza e di esperienza acquisiti negli anni.
Gli anni che costituiscono i mattoni della personalità. A voi nonni, come tutti sanno, piace ricordare i tempi passati. La memoria, intesa come custodia gelosa dei ricordi, è uno dei vostri “talenti”. Un talento a volte non apprezzato da un mondo spesso senza passato, perché considerato vecchio, e spesso senza futuro, perché a volte è senza speranza. Allora il recupero della memoria può essere “provocato” o, quanto meno, favorito dai custodi del tempo, quali siete in quanto nonni.
Eppure i ricordi, da soli, non vi portano nuove energie; debbono solamente servire per proiettarvi nei nuovi modi di essere. E’ nel domani, con una sana e ottimistica progettualità, che voi nonni dovete costruire progetti, coltivare sogni; e spingere le vostre energie per la loro realizzazione.
Allora un volto “solcato” dai vissuti del tempo, può lasciare intuire una mente ancora capace di progetti, di speranze, di apertura al futuro. E’ bello, non mi stanco di ripetere, avere dei programmi sul futuro, e questo vale per tutte le età. E chiedere alla vita il tempo necessario per poterii realizzare. Mi ricordo di un nonno, Stanley Zurawski, psicologo, mio maestro per molto tempo, che ancora a 86 anni progettava idee e pensieri per regalare crescita ed esperienza a noi, suoi allievi.
A che serve infatti la vostra saggezza se non interessa a chi vecchio non è ? Come valutare un patrimonio d’esperienza se non c’è alcuno disposto ad attingere a quel “pozzo” ?
L’ex presidente della Repubblica Azeglio Ciampi ci ha esortato a non sospingere i nonni ai confini della società. L’avvertimento arriva puntuale: già da molto tempo gli scolari non lasciano più sedere gli anziani negli autobus.
Forse non ci si capisce più: da un lato, ci siete voi, persone appartenenti alla generazione del dopoguerra e della ricostruzione la cui esistenza è stata votata alla moderazione, al risparmio, alla disciplina e alla tenacia per raggiungere il benessere ed ora credono che figli e nipoti debbano loro sostegno, gratitudine e rispetto. Dall’altro lato, ci sono i giovani e i giovani adulti, nominati dai sociologi “generazione EGO”: non chiedono nulla ai nonni e la loro vita ruota attorno al motto della realizzazione di sé. Sembra che la fun-generation possegga il monopolio culturale nella vita pubblica: nei programmi televisivi, nelle mode e nei prodotti, su tutto vale il diktat della giovinezza, del bello, magro, liscio, però vuoto, inutile, solo da guardare, comè un seno rifatto, bello da vedere, freddo da toccare. Così non và.

Il valore dei nonni
In realtà, oggi, molti di voi guardano la vita in maniera positiva e soprattutto attiva. Vi impegnate quotidianamente in attività di diverso genere, che vanno dal volontariato, quindi ad un impegno sociale, alle attività culturali, come ad esempio la frequenza dell’Università della terza età. Inoltre, quando il vostro tempo viene liberato degli impegni di lavoro e quando la salute ve lo permette, potete mettere a disposizione della società le stesse capacità e conoscenze che vi rendono indispensabili nel corso di tutta la vita.
Contribuite spesso alla gestione del menage familiare. Molti di voi danno una preziosa mano ai figli nella cura dei nipoti, senza trascurare che proprio nel rapporto con i nipoti venite valorizzati e stimolati.
Molto importante è il rapporto nonno-nipote. Nei bambini spesso c’è la difficoltà di esprimersi liberamente con i propri genitori impegnati a lavorare; la relazione fra nonno e nipote facilita la possibilità di espressione di entrambi: voi siete interlocutori che “raccontano il passato”, un passato modificato per facilitarne la comprensione, con un pizzico di invenzione per renderlo più affascinante. E ogni racconto è uno strumento per stimolare la funzione creativa dei bambini. Relegare un nonno non rappresenta una soluzione utile, mai. Certo, la nascita e la crescita di un nipote vi implica forti modificazioni affettive ed emotive, vi porta ad una ridefinizione del vostro ruolo.
Ma quando riuscite ad esprimere le vostre conoscenze ed esperienze, vi suscitano nuove energie e soddisfazioni, ma vi portano anche conflittualità con i figli. E chi tra di voi riesce a vivere positivamente l’essere nonni, considerandola un’esperienza gratificante, un nuovo motivo di vita, mantiene la propria funzione generativa; per coloro che invece l’essere nonni significa essere diventati vecchi, inutili, sostituiti dai figli, divenuti genitori, esclusi dal campo della fertilità e della procreazione, sentiranno questo ruolo con un pizzico di rifiuto. Questo nuovo ruolo, così diverso da quello tradizionale del nonno patriarca, depositario di cultura e saggezza, legato al mondo contadino, ha dato vita ad una nuova immagine del nonno; oggi è l’occasione per un allargamento dei propri orizzonti e per un superamento delle barriere culturali. E’ questo uno dei motivi che mi porta a dedicare molta attenzione alla figura del nonno come fonte di promozione e di dialogo per tutti i componenti della famiglia.
Spero che anche voi possiate sentire, profondamente, quale grande contributo possa essere la rìscoperta e la valorizzazione del vostro potenziale educativo, come contenitori ricchi di risorse e in grado di offrire ai genitori e agli enti educativi (non sempre portatori di autentici valori pedagogici) un valido apporto per l’umanizzazione e lo sviluppo dell’identità personale nei giovani d’oggi.
La famiglia e i rapporti interpersonali inoltre sono profondamente mutati: basti pensare che in passato il divorzio non esisteva quasi, che il padre, per lavoro o per mentalità, era spesso assente ed era la donna ad occuparsi interamente della famiglia e dell’educazione dei figli; i nonni inoltre erano trattati con estrema riverenza e quasi sempre vivevano assieme ai figli e ai nipoti.
Oggi invece il nonno abita per lo più da solo, si presenta come una persona indipendente (spesso lavora ancora), legato alla famiglia ed allo stesso tempo al di fuori di essa. I contatti con i nipoti tuttavia non mancano, sono meno duraturi, ma frequenti e molto significativi per entrambi.
E’ vero, spesso non vi assumete responsabilità educative onerose, vi limitate a proporvi come sostegno utile ai genitori, ma siete persone disponibili a collaborare, pronti ad offrire consigli alla generazione di mezzo sui problemi dell’educazione. E mi auguro che possiate ricavare soddisfazione dal rapporto con i vostri nipoti al di là dell’efficacia della vostra azione educativa, vivendo contemporaneamente quel piacere e quel dovere dato dal dedicare tempo ai bambini dei vostri figli.
La nonnità dunque non si improvvisa, ma è frutto di un’educazione remota e continua, che riconosce la persona come valore primario e promuove l’apertura verso l’altro. Questa è una riflessione molto importante, soprattutto alla luce delle profonde implicazioni educative riconosciute al vostro ruolo di nonni. Il vostro rapporto con i nipoti, infatti, da un lato è privo delle ambiguità e dei disagi propri delle relazioni tra adulti (o tra generazioni contigue), dall’altro è “un amore senza Edipo” cioè oggetto di un amore meno coinvolgente ed esclusivo confrontato con quello genitoriale. Infatti i nonni, rispetto ai genitori, si presentano meno rigidamente ai nipoti, sono molto più tolleranti, disponibili al dialogo, talora complici; la nonnità si manifesta in un rapporto libero, fine a se stesso, privo delle preoccupazioni educative tipiche del rapporto genitori-figli. Tuttavia i nonni possono contribuire, in modo complementare e integrativo, alla formazione dei nipoti: non avere responsabilità educative dirette non significa, infatti, non avere un ruolo importante ed efficace. Trovo a volte nonni non completamente convinti della loro importanza dal punto di vista educativo, tendono a sminuire questo aspetto, a causa anche di una difficoltà a dialogare sull’educazione coi genitori. C’è infatti la paura che i bambini vengano viziati dai nonni, che crescano senza regole (tanti gelati, tante caramelle). Ma se voi vi sforzate a proporre limiti e regole in armonia con i vostri figli (e limitando le vostre preoccupazioni e invasioni di campo), nemmeno le nuore potranno lamentarsi di voi!
Anzi! In una società caratterizzata da sentimenti quali l’egoismo e la soddisfazione immediata dei bisogni a scapito dei doveri di solidarietà e di responsabilità, il vostro contributo educativo, spesso ispirato ad autentici valori, può avere notevole rilevanza per lo sviluppo e la ricchezza della socializzazione del bambino. Proponetevi come portatori di valori, senza però imporli ai figli e ai nipoti tentando di plasmarli a vostra immagine e somiglianza.
Mettetevi, e parlo a coloro che si sentono coinvolti in una relazione difficile o conflittuale con i propri figli, in posizione di ascolto, di osservazione nei confronti dei vostri nipoti, piuttosto che limitarvi a conquistare il loro affetto con regali o gratificazioni materiali. Se volete essere educatori e non semplicemente custodi, se volete trasformare la relazione in una occasione di crescita reciproca, di coeducazione, permettete agli altri di essere liberi ed autonomi.

Salute senza età
Mi auguro che, in questo periodo piacevole della vita, finiti gli impegni di lavoro e “sistemati” i figli, nonostante i nipoti abbiate comunque il tempo di pensare un po’ più a voi stessi. A patto di essere riusciti a mantenere corpo e mente in buona forma. Il cervello può rimanere giovane?
Recenti ricerche hanno evidenziato che esiste la possibilità di sviluppare situazioni creative anche dopo una certa età: l’anziano può mantenere la sua efficienza psichica globale se sfrutta le risorse residue, ad esempio mediante l’allenamento mentale, e se motivato.
Studi anatomo-patologici sul cervello hanno messo in evidenza che nell’invecchiamento si può avere una sclerosi progressiva, ma esistono oggi dei casi in cui non sono presenti tali modificazioni cerebrali. Ciò a conferma della variabilità del processo di invecchiamento fra gli individui.
Le numerose scale di invecchiamento, dal 1950 in poi, dimostrano che con l’avanzare dell’età diminuiscono funzioni quali la memoria e la capacità di concentrazione, frequentemente compaiono alterazioni dello stato emozionale, come avviene nella depressione.
Attualmente si è dimostrato invece che sì l’anziano è più lento, riflessivo, ma non meno efficiente: i test utilizzati in passato erano caratterizzati da tempi brevi di risposta, l’anziano non aveva il tempo di risolvere i problemi sottoposti. La biografia di personaggi illustri mostra individui con conservata funzionalità cerebrale anche nella senescenza; anzi molte opere di scrittori, filosofi, artisti, compiute alla fine dell’esistenza, rappresentano il coronamento di tutti i lavori precedenti.
Un esempio storico eclatante è Sofocle che morì a 80 anni: lofone, figlio legittimo, per avere l’eredità prima della sua morte lo portò in tribunale dichiarandone l’infermità di mente. Ebbene Sofocle diede esempio di grande creatività quando, per mostrare la sua lucidità, recitò a memoria dei versi. Ancora, si pensi a Giuseppe Verdi, Alessandro Manzoni, che nella “vecchiaia” produssero le loro opere migliori, Monet, Picasso, Goja, Rembrandt, Charlie Chaplin. Nel mondo dell’arte è facile trovare “vecchi” creativi.
Gli studi confermano che non è la senescenza la condizione patologica, piuttosto sono gli eventi morbosi a creare le condizioni del rapido declino psicofisico. Ma quali sono i fattori che influenzano i processi di invecchiamento ?
Fattori genetici, educazione e livello culturale, che consentono di trovare più facilmente delle alternative di vita alla pensione, di creare delle strategie di sopravvivenza, il benessere economico, la comunicazione e quindi le relazioni interpersonali che permettono una vita sociale. Il pensiero e il linguaggio possono essere conservati, ma per mantenere l’interazione con l’ambiente esterno, dovete essere in grado di comunicare. Perché ciò avvenga non si può prescindere dall’importanza dell’affettività, del riconoscimento del suo valore all’interno del nucleo sociale in cui si vive. Gli affetti giocano un ruolo essenziale nell’agire quotidiano, nell’essere al mondo.
E’ importantissimo non isolarsi mai, partecipando attivamente alla vita della famiglia oppure, se si vive soli, iscriversi a delle associazioni, fare del volontariato, in modo da arricchire gli altri con la propria esperienza e saggezza e, nel contempo, combattere la depressione, perché invecchiare bene dipende anche dagli interessi coltivati e dall’amore per se stessi e per gli altri.
E’ poi evidente l’importanza dei fattori sociali. E’ stato dimostrato che l’attività percettiva migliora se migliorano le condizioni in cui si svolge la stessa: l’ambiente esterno (la società, ma soprattutto il gruppo familiare) può stimolare l’interesse, dare spazio di espressione, non negare le possibili potenzialità dell’anziano.
Altro elemento fondamentale è la motivazione. La motivazione, in tutte le età, è la spinta propulsiva fondamentale del comportamento, insostituibile strumento di apprendimento.
Per invecchiare bene è necessario che voi manteniate attive le vostre funzioni cerebrali. Secondo alcuni esperti, per poter rimanere giovani il più a lungo possibile, vi sono delle piccole regole quotidiane da seguire.
Innanzitutto è bene, per chi fuma, smettere di fumare: i fumatori vivono in media dai 5 agli 8 anni in meno rispetto a chi non fuma. Inoltre dormire almeno sette ore per notte, in quanto la ghiandola pineale, posta alla base del cervello, produce melatonina, una sostanza capace di rallentare gli effetti negativi dei radicali liberi, responsabili dell’invecchiamento.
Dal punto di vista dell’alimentazione, è necessario ridurre i grassi animali nella dieta, per evitare la comparsa dell’arteriosclerosi e delle malattie cardiovascolari ed aumentare il consumo di frutta e verdura, in quanto le scorie vegetali agevolano il transito intestinale e riducono la comparsa di diverticoli.
E’ bene anche evitare l’uso eccessivo di farmaci, poiché le medicine si accumulano più facilmente nell’organismo dell’anziano e assunti frequentemente possono creare più danni che benefici. Inoltre sottoporsi a controlli medici periodici dell’apparato cardiovascolare, dell’utero, della prostata e dell’intestino, per prevenire o scoprire tempestivamente l’insorgenza di una qualche patologia.
Bisogna tenere in allenamento il fisico, facendo esercizio motorio (basta una passeggiata) per almeno tre volte a settimana, ma soprattutto mantenere continuamente il cervello in piena attività. L’attività cerebrale è infatti il metodo migliore per contrastare l’invecchiamento e l’esercizio mentale è il nutrimento fondamentale. Dunque, leggere libri, quotidiani e coltivare interessi, fare insomma “ginnastica mentale”, perché il cervello è come un muscolo: maggiore è la sua attività, maggiore è la sua prestanza.

di Leonardo Milani