Quali conseguenze per un’eccessiva fruizione televisiva?
Sono ormai noti gli studi e le discussioni sulle conseguenze derivanti dall’esposizione prolungata del bambino alla televisione: si sono evidenziate risposte violente o aggressive e/o forti condizionamenti.
I messaggi, provenienti dal sistema tv, riescono a rimpiazzare e a surrogare l’agire, il sentire, l’apprendere tanto che questi divengono meno forti e meno in grado di determinare lo sviluppo psicofisico del bambino.
La nostra società tende a enfatizzare quello che è proposto all’attenzione delle masse; noi riteniamo, invece, che moltiplicare i destinatari dei messaggi giochi a sfavore del valore e della qualità degli stessi. La finalità della comunicazione di massa, come sostiene Dolci (1988), è «il controllo dell’ambiente e la trasmissione del patrimonio sociale da una generazione a un’altra». Ma tutto ciò risulta dannoso quando le coscienze sono spente, anestetizzate e non riescono a determinare la natura delle strutture ma le subiscono.
Un altro filone di indagini ha, invece, cercato di indagare l’eventuale presenza di conseguenze negative per quanto riguarda l’apprendimento. A questo proposito possono essere ricordate le indagini della Winn (1977) che indagò sulle conseguenze di un’eccessiva esposizione al mezzo televisivo nell’apparato visivo del bambino. L’autrice sostenne che guardare troppa tv stimola in maniera non adeguata la nostra attenzione, tanto che a livello visivo verrebbe a crearsi una difficoltà crescente nella messa a fuoco delle immagini. Appare evidente come questa difficoltà andrebbe necessariamente a incidere sull’apprendimento della lettura in termini di acquisizione di direzionalità percettiva.
Alle indagini di questa ricercatrice fa seguito una ricerca condotta da Barone et al. (1995) che sembra confermare questa ipotesi.
Un altro studio svolto in Germania ha evidenziato che i bambini che rimangono per molte ore davanti alla televisione presentano difficoltà a livello motorio, soprattutto per quanto riguarda la corsa, camminare seguendo una linea, camminare all’indietro. Questo tipo di difficoltà può essere causato dalla mancanza di coordinamento a livello degli arti superiori e inferiori.
Questi dati confermano il fatto che la mancanza di esercizio fisico all’aperto e in grandi spazi non consente al bambino di fare esperienza diretta che gli potrà permettere di creare l’immagine mentale del proprio corpo nei confronti dello spazio esterno.
Questo aspetto, già di per sé significativo, acquista ulteriore rilevanza poiché, come sostiene Piaget (1968), lo sviluppo motorio del bambino è fondamentale per l’acquisizione dello sviluppo intellettivo. Si potrebbe obiettare che comunque i bambini di oggi praticano molti sport (calcio, nuoto…) e quindi lo sviluppo motorio dovrebbe essere assicurato da queste pratiche. Riteniamo, però, che la specializzazione precoce provochi degli automatismi specifici invece di schemi motori più elastici e flessibili (Le Boulch, 1979).
Ormai da diversi anni gli studiosi si sono occupati di analizzare il possibile rapporto che intercorre fra la visione di programmi violenti e l’insorgere di sentimenti e comportamenti aggressivi nei bambini. Se analizziamo le immagini che la televisione trasmette quotidianamente (fiction, cartoni animati…) possiamo evidenziare che il modo in cui l’aggressività e la violenza sono rappresentate può contribuire a ridurre eventuali remore o inibizioni in quanto l’”eroe”, nella maggior parte dei casi, è «costretto» a uccidere, picchiare, distruggere per far sì che il bene trionfi sul male.
Bandura (1981) sostiene che “il pericolo di questa esposizione indiscriminata a modelli di aggressività è chiaro; soprattutto se si pensa al vero e proprio ruolo vicariante che la televisione assume nella formazione degli atteggiamenti, opinioni e abitudini del cittadino: l’esperienza diretta del mondo è irrisoria in confronto a quella filtrata dai media che finiscono per modellare, in buona parte, la visione che l’uomo ha della realtà. Sappiamo, per esempio, che un consumatore abituale di tv tende a essere più sospettoso e diffidente verso gruppi o comportamenti minoritari, stigmatizzati da una rappresentazione stereotipata come è quella fornita dai media”.
Questo spiega la parte che i media hanno nella diffusione di certi modelli di comportamento aggressivo.
Un’indagine svolta in Italia dal COD e presentata al convegno di Castiglioncello del 1993, ha sottolineato le idee e i pregiudizi dei ragazzi italiani riguardo alle altre culture, alle diverse razze ed etnie. E emerso che nel complesso i bambini sembrano essere attenti ai temi del razzismo anche se, sicuramente questi si accompagnano alle difficoltà quotidiane della convivenza multietnica.
Finalità
La presente ricerca vuole verificare se un massiccio impiego di tempo dedicato alla visione della tv finisce per incidere negativamente sul bambino e in particolare sull’apprendimento della lettura, sullo sviluppo linguistico, sullo sviluppo motorio, sullo sviluppo affettivo e relazionale fino a produrre atteggiamenti aggressivi e/o razzisti.
Obiettivi
Verificare se esistono differenze significative fra bambini «forti» consumatori di tv e bambini che trascorrono poco tempo davanti alla tv; si vuole analizzare se esistono differenze nelle seguenti abilità:
- abilità di lettura e abilità lessicale;
- abilità motorie;
- comportamenti aggressivi e/o razzisti.
In particolare le ipotesi da verificare sono:
- i bambini che trascorrono molte ore davanti alla tv presentano difficoltà nella lettura, nella ricchezza lessicale?
- i bambini forti consumatori di tv presentano un livello scarso nello sviluppo di abilità motorie?
- i bambini che guardano molta tv dimostrano una marcata presenza di risposte aggressive e razziste denotando uno scarso sviluppo delle abilità sociali e interpersonali ?
Campione
Il campione è composto da 125 bambini di scuola elementare (secondo ciclo) di 5 diverse scuole genovesi.
Attraverso un’intervista preliminare i bambini sono stati suddivisi in tre fasce:
– nella prima fascia denominata “poca tv” vi sono inseriti quei bambini che dichiarano di guardare meno di 1 ora e mezza giornaliera di televisione;
– nella seconda fascia “media tv” sono inseriti bambini che guardano la tv fino a 2 ore e mezza giornaliere;
– nella terza fascia “tanta tv” coloro i quali guardano più di 2 ore e mezza di tv ogni giorno;
Nella scelta delle scuole si è cercato di comprendere zone della città che presentano caratteristiche socioculturali ed economiche diverse.
Metodologia
Dopo l’individuazione delle tre fasce di fruizione televisiva il lavoro è proseguito con la somministrazione di altre prove (test specifici) per individuare il livello di possesso di determinate abilità quali: abilità di lettura, abilità sociali e abilità motorie.
La ricerca vuole mettere a confronto i dati ottenuti dalle somministrazioni delle diverse prove.
Materiali
I materiali utilizzati sono i seguenti:
- questionario “Come agisco se…”, questa prova è formulata tenendo in considerazione e ripresentando alcune domande di un precedente questionario presentato dal CGD (Russo, 1993);
- test TGM;
- prove di lettura (Meazzini, 1983).
Analisi dei risultati
Dai dati emersi si evidenzia che la percentuale degli errori di lettura, nei bambini forti consumatori di tv risulta essere maggiore rispetto ai bambini che guardano “poca tv” (7% contro 5%).
La percentuale di errori nelle prove motorie risulta essere più alta nei bambini che vedono «tanta tv« (14% contro 12,5 %).
Per quanto riguarda, invece, le abilità sociali prese in considerazione (atteggiamento razzista contro atteggiamento non razzista) non si è notata una differenza significativa nei due gruppi. Per l’altra abilità sociale (atteggiamento aggressivo contro atteggiamento non aggressivo) seppur presente in percentuale ridotta si denota una maggiore presenza nei bambini che vedono “tanta tv” (0,27% contro 0,13%).
In relazione agli errori di lettura la differenza tra i due campioni confermerebbe l’ipotesi secondo la quale la consistente e preponderante assimilazione per immagini crea difficoltà sia a livello di movimenti oculari, con una conseguente lettura deficitaria a livello di riconoscimento, sia a livello linguistico di comprensione del messaggio scritto. Anche se la differenza può sembrare poco significativa dobbiamo sottolineare che l’età del campione (secondo ciclo della scuola elementare) dovrebbe presupporre una capacità di lettura ormai acquisita e consolidata.
Le percentuali di errori riguardo le abilità motorie sono comunque elevate in entrambi i campioni; dobbiamo anche tenere presente che per la valutazione degli indici relativi ai bambini di quinta elementare sono stati utilizzati i parametri relativi ai bambini della classe quarta poiché il Test TGM valuta le abilità motorie in bambini fino ai 10 anni.
Questo significa che, nonostante il parametro utilizzato, i risultati hanno comunque evidenziato un livello “scarso” di possesso di abilità motorie. La percentuale più alta di errori a livello motorio in bambini del campione “tanta tv” può essere spiegata dal fatto che rimanere tanto tempo fermi davanti alla tv non permette a questi bambini di esercitare le proprie capacità motorie con la conseguenza di un mancato utilizzo delle stesse.
Una conferma di ciò può essere confermata anche dall’analisi del campione “media tv” (13% di errori): sembra, quindi, che la percentuale di errori a livello motorio decresca in maniera lineare (14% “tanta tv”, 13% “media tv” e 12,5% “poca tv”).
L’atteggiamento razzista sembra non differenziarsi nelle tre fasce del campione. Analizzando nel dettaglio il questionario somministrato si è rilevato che probabilmente le domande risultavano essere troppo esplicite e facilmente interpretabili dal bambino. Riteniamo, pertanto, che i bambini abbiano risposto più a livello di desiderabilità.
Ciò non accade per le risposte riguardanti l’atteggiamento aggressivo: i bambini che vedono “tanta tv” presentano uno 0,27 % di risposte aggressive mentre i bambini che vedono “poca tv” uno 0,13%.
La minor preoccupazione nel celare risposte “aggressive” può essere ricercata nel fatto che, comunque, nella nostra società sono maggiormente tollerati i comportamenti aggressivi piuttosto che razzisti.
Ciò significa che in questo caso i bambini hanno risposto in maniera più sincera anche perché le domande riguardavano situazioni più vicine all’esperienza diretta del bambino: mentre per le domande sul razzismo era prevista una riflessione più teorica ed “etica”, le domande sul comportamento aggressivo implicavano un vissuto più personale (come per esempio la possibilità di riconquistare un pallone per poter tornare a giocare con i propri amici).
Conclusioni
Le recenti indagini sociologiche hanno evidenziato come l’aumento del numero d’immigrati abbia imposto alla nostra società e alla nostra cultura l’esigenza di costruire un rapporto con le altre culture.
Ormai quotidianamente, anche grazie alla risonanza che è data dai mass media al fenomeno, ci troviamo di fronte alla necessità di discutere su episodi d’ordinaria e straordinaria integrazione.
Il nostro tentativo è quello di far riflettere i bambini su tali problematiche e cercare di capire quali influenze i messaggi televisivi possono esercitare.
Nonostante le risposte relative alle domande sul razzismo non ci siano sembrate del tutto sincere, è emerso (per esempio nella risposta alla domanda «Con una bacchetta magica puoi imparare una lingua straniera, quale pensi ti sia più utile?») che molti bambini sono convinti sia utile imparare una lingua straniera ma seguitano a ritenere lo svedese più utile rispetto a idiomi a larghissima diffusione come l’arabo e lo swahili (tale dato fu evidenziato anche dalla ricerca del CGD).
La percentuale maggiore di risposte che denotano atteggiamenti aggressivi nei bambini forti consumatori di tv può essere letta come modalità di reazione e di riproposta ai tanti messaggi violenti trasmessi in continuazione dalla televisione.
Il fatto che il bambino riproponga comportamenti aggressivi visti in tv è dovuto al fatto che tali atteggiamenti sono tipici dei personaggi definiti «eroi»: è l’eroe che combatte e annienta il nemico, è l’eroe che usa la violenza anche se lo scopo è quello di far trionfare il bene. Il messaggio che è veicolato è che comunque si può e si deve far ricorso alla violenza per risolvere ogni situazione.
In riferimento ai dati su televisione e lettura si è evidenziato che le difficoltà maggiori riguardano l’aspetto della comprensione del messaggio scritto, in particolare si è visto che i bambini del gruppo «tanta tv» presentano maggiori difficoltà a livello di comprensione più che a livello di riconoscimento.
Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che l’eccessivo tempo dedicato alla televisione non permette lo sviluppo del repertorio linguistico poiché i concetti che il messaggio televisivo esprime sono fondamentalmente trasmessi per immagini, lasciando alla comunicazione verbale e scritta un ruolo marginale.
Oltre alle analisi finora svolte non dobbiamo dimenticare che troppa tv porta inevitabilmente a una maggiore sedentarietà che non permette uno sviluppo motorio; il risultato lo possiamo constatare ogni giorno osservando i nostri bambini: difficoltà nei movimenti, incapacità nell’utilizzare il proprio corpo nello spazio.
Dobbiamo sottolineare che le difficoltà maggiori sono riscontrate proprio nelle abilità motorie di base come correre, saltare, lanciare. Non dobbiamo stupirci, poiché il bambino che trascorre troppo tempo davanti alla tv ha poco tempo per giocare all’aperto e quando ha la possibilità di praticare dello sport impara solo gli schemi motori riferiti allo sport ma non esercita, quindi non sviluppa, schemi motori di base come correre e muovere il proprio corpo in relazione allo spazio circostante. Questi sport perdono il carattere di puro divertimento e diventano una fotocopia di quelli degli adulti; la conseguenza è che i bambini sono portati ad apprendere movimenti a forza di ripetizioni di gesti stereotipati. Sembra paradossale ma questo non permetterà al bambino di prepararsi e acquisire quei movimenti base che dovrebbe apprendere entro i 10/11 anni.
Riteniamo, pertanto, che sia utile educare il bambino al movimento fin dai primi anni di vita; educare nel senso di fornirgli la possibilità di usufruire di spazi nei quali egli possa, indipendentemente dai risultati (gare, competizioni…), esercitare e sviluppare le proprie abilità motorie solo per il piacere fine a se stesso di interagire con l’ambiente e di favorire, così, il, proprio sviluppo mentale e sociale.
Questo articolo è stato scritto da:
Senarega Daniela, Emilia Restani, Carla Sivori, Angela Manzone
pedagogiste di Genova ed è tratto dalla rivista di psicologia “Babele”.
BIBLIOGRAFIA
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PIAGET J., La nascita dell’intelligenza nel bambino,
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RUSSO M. (a cura di), Non solo bianco. I pregiudizi razziali nell’Italia degli anni ’90: le risposte dei bambini e delle bambine,
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